Cambiare le Parole per Cambiare il Mondo

Il Tribunale Laura Girardello annuncia un passo fondamentale nella sua evoluzione filosofica e strategica: l'inizio di un percorso per abolire la parola "animale" dal nostro linguaggio, dal nostro pensiero e dalla nostra lotta. Non è una provocazione, ma una necessità. È la presa di coscienza che per demolire una gabbia, dobbiamo smettere di usare le parole che ne disegnano le sbarre.

Questa decisione è il culmine del nostro percorso verso una giustizia non più antropocentrica, ma universale.

Oltre la Parola "Animale": La Nostra Rivoluzione Linguistica

1. La Gabbia Invisibile della Parola "Animale"

Perché questa scelta così radicale? Perché la parola "animale" non è un'etichetta neutra. È una recinzione verbale, una delle più potenti e pericolose mai create, che opera su tre livelli:

  1. Crea il Binarismo: La parola "animale" esiste quasi esclusivamente in opposizione a "umano". È il termine che usiamo per definire tutto ciò che non è noi. Usarla significa, anche involontariamente, rafforzare il muro che ci separa dal resto dei viventi, la falsa dicotomia Umano/Altro che è la radice dello specismo.
  2. Cancella l'Identità: Sotto l'ombrello di "animale" vengono schiacciate miliardi di esistenze uniche. Un polpo, un'aquila, un'ape e un elefante non hanno quasi nulla in comune, eppure vengono ammassati in un'unica, indistinta categoria. La parola "animale" è un'etichetta che cancella l'infinita diversità delle soggettività, riducendo ogni individuo a un membro anonimo di una massa definita solo in negativo.
  3. Si Porta Dietro Secoli di Oppressione: La parola "animale" è storicamente carica di significati negativi: "bestiale", "irrazionale", "istintivo", "inferiore". È il termine usato per secoli per giustificare lo sfruttamento, la violenza e la riduzione di esseri senzienti a oggetti e risorse. Continuare a usarla significa portarsi dietro questo pesante fardello.

2. Il Nostro Nuovo Lessico: Dalla Categoria alla Qualità

Se rifiutiamo la parola che crea la gabbia, con cosa la sostituiamo? Smettiamo di usare le etichette delle categorie e iniziamo a usare le parole che descrivono le qualità condivise che ci interessano difendere:

  • Esseri Senzienti: Per sottolineare la capacità comune di provare dolore, piacere, emozioni.
  • Viventi: Per abbracciare la sacralità della vita in ogni sua forma.
  • Soggettività: Per riconoscere che ogni essere è un "qualcuno", non un "qualcosa".
  • Esistenze: Per dare un valore filosofico e unico a ogni singola vita.

Questo nuovo linguaggio ci costringe a essere più precisi, più rispettosi e a pensare in termini di rete, non di piramide.

3. Un'Esagerazione? Una Risposta ai "Problemi Veri"

Inevitabilmente, qualcuno dirà: "Con tutte le guerre, la fame e le ingiustizie tra esseri umani, questa è una stupidaggine, un'esagerazione. Perché non vi occupate dei problemi veri?".

La nostra risposta è semplice: noi ci stiamo occupando del problema più vero e più profondo di tutti. Stiamo andando alla radice.

La violenza non è un fenomeno a compartimenti stagni. Il meccanismo mentale che permette a un essere umano di disumanizzare un altro essere umano – sulla base della razza, del genere, della nazionalità – è esattamente lo stesso meccanismo che gli permette di de-animalizzare un essere senziente non umano, riducendolo a oggetto.

È la logica della disconnessione e della gerarchia. È la mentalità che dice: "Quell'essere è diverso da me, quindi è inferiore a me, quindi posso disporne come voglio".

Questa è la radice velenosa da cui nascono tutte le violenze: lo specismo, il razzismo, il sessismo, la distruzione ambientale. Non sono problemi separati. Sono sintomi diversi della stessa malattia.

Occuparsi del linguaggio con cui categorizziamo e svalutiamo gli altri esseri non è una distrazione dai "problemi importanti". È il lavoro più urgente di tutti, perché è un intervento chirurgico sul codice sorgente della violenza. È l'unico modo per non limitarsi a curare i sintomi, ma per estirpare la malattia alla radice.

4. E il Nostro Nome? "Il Tribunale degli Animali"

A questo punto, la domanda è inevitabile e giusta: "Come potete abolire la parola 'animale' se è nel vostro stesso nome?". La nostra risposta è una scelta di onestà intellettuale e di evoluzione storica.

Scegliamo di mantenere il nome "Il Tribunale degli Animali Laura Girardello" non come una definizione limitante, ma come la nostra radice, come la bandiera della battaglia storica da cui tutto è partito. Quel nome rappresenta un'eredità, l'atto di nascita di una lotta specifica contro un'oppressione specifica.

Tuttavia, la nostra missione oggi è diventata più vasta della parola con cui è iniziata. Il nostro nome ci ricorda per chi abbiamo iniziato a combattere; il nostro nuovo linguaggio definisce come e per chi lottiamo ora: per la dignità di ogni essere senziente, rompendo quelle stesse barriere che il nostro nome, se interpretato alla vecchia maniera, potrebbe suggerire.

Il nostro nome è il nostro passato, il nostro linguaggio è il nostro futuro. Lo manteniamo come un monito costante a superare i limiti da cui proveniamo.

Conclusione: Dalla Parola Liberata al Canto del Nuovo Mondo

Abbiamo appena compiuto un atto di demolizione. Abbiamo mostrato come la parola "animale" sia una gabbia che imprigiona il nostro pensiero. Ma demolire non basta. Sul terreno liberato dalle vecchie parole, ora possiamo finalmente cantare una storia nuova, una visione che non si limiti a criticare il vecchio mondo, ma che ne proponga uno nuovo.

Questa storia, che è il cuore pulsante della nostra filosofia, la sintesi di tutta la nostra lotta e la mappa per la nostra "Ri-Evoluzione", è il Mito di Emily.

Per proseguire il viaggio e scoprire la nostra visione completa, leggi il nostro canto: [LINK alla pagina "Il Mito di Emily: Canto della Coscienza A-Binaria"]