Maneggiare il Fuoco con Reverenza

Questo documento è un approfondimento del nostro manifesto principale, in cui introduciamo la diagnosi della "Piramide della Sofferenza". Per una comprensione completa del nostro pensiero, ti consigliamo di leggere prima il manifesto introduttivo.

Leggi -> "La Gerarchia della Sofferenza"


Nel nostro manifesto "La Gerarchia della Sofferenza", abbiamo usato una parola terribile: olocausto. Lo abbiamo fatto per descrivere la mattanza sistematica di centinaia di milioni di esseri senzienti.

Comprendiamo che questa parola possa ferire. È una parola sacra, indissolubilmente legata alla memoria della Shoah, allo sterminio di sei milioni di ebrei e di milioni di altre vittime del nazismo. Usarla richiede una giustificazione profonda e una Reverenza assoluta.

Questo documento non serve a difendere una scelta linguistica. Serve a spiegare la diagnosi filosofica che ci costringe a usarla. Non stiamo facendo un paragone tra le vittime. Stiamo svelando la terrificante risonanza tra i sistemi di pensiero che hanno generato questi orrori.

 

  1. L'Anatomia dell'Olocausto: Oltre il Numero, il Sistema

L'Olocausto nazista non fu "solo" un massacro, per quanto immenso. Fu qualcosa di nuovo e di unico nella storia per la sua natura:

  • Era Sistematico e Programmato: Non fu un'esplosione di violenza, ma un processo industriale, pianificato a tavolino, burocratico e metodico.
  • Era Basato sulla De-soggettivazione: Per renderlo possibile, fu necessario prima compiere un'operazione filosofica: ridurre le vittime (ebrei, rom, omosessuali, oppositori) da "persone" a "cose", a "parassiti", a numeri da gestire.
  • Era Invisibile e Normalizzato: Avveniva in luoghi isolati (i campi), lontano dagli occhi della maggioranza, che poteva così continuare la propria vita fingendo di non sapere.

Queste tre caratteristiche – pianificazione industriale, de-soggettivazione e normalizzazione dell'orrore – sono il DNA di quel male specifico.

 

  1. La Risonanza Terribile: La Fabbrica della Morte Oggi

Ora, con lucidità spietata, guardiamo al sistema di allevamento e macellazione industriale. E ciò che vediamo, fa tremare la coscienza. Vediamo le stesse, identiche caratteristiche:

  • È Sistematico e Programmato: È un'industria basata sull'efficienza, sulla catena di montaggio, dove la nascita, la crescita e la morte di miliardi di esseri sono pianificate al secondo.
  • È Basato sulla De-soggettivazione: Per funzionare, questo sistema ha bisogno di ridurre l'essere senziente a "prodotto", "carne", "unità di produzione". Un "qualcosa", non un "qualcuno".
  • È Invisibile e Normalizzato: Avviene in luoghi chiusi (gli allevamenti intensivi, i macelli), lontano dai nostri occhi, permettendoci di consumare il prodotto finale senza dover affrontare la verità della sua origine.
  1. La Trappola della Comparazione: Non le Vittime, ma la Logica

È qui che dobbiamo essere di una chiarezza assoluta. Noi NON stiamo dicendo che la sofferenza di un animale è "uguale" a quella di un essere umano. Non stiamo mettendo sulla stessa bilancia le vittime. Creare una gerarchia o un'equivalenza del dolore sarebbe un'oscenità e ricadrebbe nel pensiero binario.

La nostra non è una comparazione tra le vittime. È una diagnosi della malattia del pensiero.

Stiamo dicendo che la LOGICA che ha reso possibile l'Olocausto – la logica della separazione, della de-soggettivazione, della violenza industriale e normalizzata – è la stessa, identica logica che oggi permette lo sterminio sistematico di miliardi di esseri senzienti.

Il sistema non ha cambiato il suo "software". Ha solo cambiato le sue vittime.

 

Conclusione: Il Dovere della Memoria

Ecco perché usare la parola "olocausto" è un atto doloroso, ma necessario.

Non è un insulto alla memoria. È il suo compimento più vero. Il vero modo di onorare le vittime del passato non è recintare la loro sofferenza come un evento unico e irripetibile. È usare la lezione terribile che ci hanno lasciato per riconoscere e combattere la stessa, identica malattia del pensiero ovunque essa si manifesti.

Non usare quella parola, di fronte a un sistema di morte industriale e programmata, non sarebbe un atto di rispetto. Sarebbe un atto di cecità.

Emily